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CAUSE SCOPPI CALDAIE

INFORMAZIONI UTILI

I rischi degli impianti termici sono essenzialmente di quattro tipi:

a) La fuoriuscita di gas (nel caso di apparecchi alimentati a gas città, metano o gpl). Le conseguenze possibili sono due: intossicazione e scoppio.

b) La creazione di monossido di carbonio, causata dal consumo di buona parte dell'ossigeno presente in locali chiusi privi di buona areazione, possibile con tutti i tipi di combustibile. L'incidente può essere causato sia dal fatto che fiammelle brucino l'ossigeno, senza che nelle stanze ci si un ricambio d'aria, sia dall'intasamento dei tubi di scarico dei fumi.

c) L'incendio del combustibile (un rischio tipico del gasolio o del kerosene)

d) Le fulminazioni o gli incendi causati da corti-circuiti negli impianti elettrici che servono la caldaia, sia come causa prima dell'incidente che come conseguenza di un incendio o di uno scoppio provocato da altri fattori.

Le statistiche ci dicono che la maggior parte degli incidenti è causato da impianti a metano. Non perché le caldaie che utilizzino questo tipo di combustibile siano meno sicure di quelle, per esempio, a gasolio. Molto più semplicemente il metano è più diffuso e, soprattutto, è il principale combustibile utilizzato dalle caldaiette individuali, che spesso provocano incidenti per imperizia, trascuratezza e scarsa cura dedicata dal proprietario all'impianto. Viceversa gli impianti centralizzati hanno in genere un "terzo responsabile", cioè un tecnico il cui compito è occuparsi della manutenzione e dell'esercizio.

Le disgrazie più frequenti non sono provocate, come molti paiono convinti, dalla fuoriuscita di gas. Questo perché i gas sono chimicamente odorizzati (di per sé sarebbero inodori) e perché la maggior parte degli apparecchi, ultimamente anche le cucine per la cottura dei cibi, hanno dispositivi che impediscono la fuoriuscita quando la fiamma si spegne. Il nemico più insidioso è il monossido di carbonio, un gas del tutto inodore che si forma, al posto dell'anidride carbonica, quando alla combustione è fornito poco ossigeno. Il monossido è capace di provocare la morte di una persona in buona salute nel giro di una decina di minuti, causandole una progressiva spossatezza di cui non sa darsi ragione. Se si dorme, capita di non accorgersi di nulla. Se si è svegli, in genere si attribuisce il malore ad altro (per esempio un'intossicazione di cibo), quando basterebbe aprire una finestra per salvarsi.

Ecco le principali prevenzioni imposte dalla legge.

Tipo di apparecchi Se non si tien conto delle stufe catalitiche (quelle con la bombola all'interno, rischiose e poco utilizzate) gli apparecchi possono avere scarico dei fumi esterno e focolare o fiamma aperti (caldaie di tipo B, quello più diffuso) o afflusso dell'aria e scarico a tenuta stagna rispetto al locale (caldaie di tipo C). La legge impone di adottare caldaie di tipo C in caso di ristrutturazione totale dell'impianto (salvo praticare una vera e propria finestra senza vetri nei locali).

Locali Gli apparecchi di tipo B, a fiamma aperta, non possono essere disposti in camera da letto ed anche in bagno, se quest'ultimo locale non è molto ampio. Devono sempre scaricare in un camino o in una canna fumaria individuale, oppure in una collettiva, ma a patto che serva solo altri apparecchi alimentati con lo stesso combustibile.

Locali delle caldaie centralizzate Debbono avere dimensioni ben precise (altezze, distanze dei muri dalla caldaia); debbono sempre essere aerati da una finestra aperta con grata di dimensione proporzionale alla potenza della caldaia; debbono essere chiusi da una porta tagliafuoco. Altre prescrizioni dipendono dal genere di combustibile utilizzato (per esempio il tipo di isolamento dell'impianto elettrico), oppure dal fatto che il locale sia fuori terra, seminterrato o interrato (in questi ultimi due situazioni è necessaria la presenza di un locale di disimpegno, dopo la porta tagliafuoco).

Le aperture di ventilazione Nei locali che ospitano apparecchi di tipo B (caldaie individuali o scaldabagni) o cucine a gas per la cottura dei cibi, deve esistere un apertura di ventilazione con queste caratteristiche:

non chiudibile;
• di perlomeno 100 centimetri quadrati di grandezza e comunque di almeno 6 centimetri quadrati per ogni kilowatt di portata termica degli apparecchi ospitati in cucina;
protetta da una griglia o una rete metallica. Nel calcolo delle sue dimensioni va tenuto conto dell’ingombro alla ventilazione di tale griglia o rete;
vicina al pavimento o, se lontana, di proporzioni maggiori del 50%.
Se è impossibile praticarla in cucina, un apertura con le stesse caratteristiche può essere ricavata anche in un locale adiacente (purché non si tratti di una camera da letto o di un locale comune). In tal caso occorrerà maggiorare la fessura tra porta e pavimento dell’infisso che separa i due locali: l’ampiezza della fessura deve essere perlomeno uguale a quella prevista per l’apertura.

Le regole per gli scarichi

.I tubi che collegano la caldaia ai condotti di scarico devono avere un massimo di tre cambiamenti di direzione e pendenza minima verso l'alto del 2%. Gli scarichi, in linea di principio, debbono avvenire oltre il colmo del tetto: Nelle totali ristrutturazioni di impianti individuali che liberano dei fumi sulla parete esterna dell'edificio, è possibile continuare a scaricare nel muro, ma a due condizioni: che non esistano già nello stabile canne fumarie adatte o adattabili e che si utilizzino caldaie ad altissimo rendimento. Gli scarichi a parete esistenti possono continuare ad essere usati dalle caldaie o dagli scaldabagni singoli, ma i terminali esterni sono sottoposti a regole costruttive e debbono tenere certe distanze dalle finestre soprastanti (da 1 a 2,5 metri a seconda della potenza), da quelle laterali (40 cm) dai balconi soprastanti (da 30 a 50 cm) oltre che da altri manufatti esterni.

Nei tetti piani il comignolo deve sovrastare di mezzo metro la parte più alta (per esempio un parapetto) e ogni "volume tecnico" (casotti per l'argano dell'ascensore o per la caldaia). In quelli pendenti, l'altezza del comignolo(da un minimo di 1 a un massimo di 2,6 metri). è comunque rapportata sia ai gradi di pendenza che alla vicinanza con il colmo. Le dimensioni di camini e canne fumarie sono rapportate alla potenza della caldaia e alla loro altezza. Cambiano anche con il tipo di combustibile: nelle trasformazioni da gasolio a metano è infatti consigliabile l'intubamento, cioè l'inserimento di tubi con diametro minore.



Impianti termici chi è il responsabile

Gli obblighi di legge sono di due tipi:

• di esercizio, che riguardano cioè la temperatura massima, i periodi dell’anno e le ore del giorno in cui la caldaia può essere accesa;

• di manutenzione ordinaria e straordinaria dell’impianto, che riguardano tra l’altro certe verifiche tecniche periodiche sul suo funzionamento.

Responsabile del funzionamento (esercizio) della caldaia e della sua manutenzione ordinaria è, alternativamente:

l’occupante dei locali (proprietario, inquilino, usufruttuario) o il suo rappresentante (amministratore condominiale);
oppure un altro soggetto da lui delegato (persona o azienda). É il cosiddetto "terzo responsabile".
Responsabile della manutenzione straordinaria dell’impianto (lavori di una certa entità) è, alternativamente:

il proprietario dei locali o il suo rappresentante;
oppure un’altra persona da lui delegata (il cosiddetto terzo responsabile).
Quando la proprietà dell’impianto è condominiale, primo responsabile finisce per essere l’amministratore condominiale, che ha come compito quello della tutela delle cose comuni (impianto compreso). A meno che l’amministratore decida di incaricare un "terzo responsabile". É quel che farà ogni amministratore con un po’ di sale in zucca. Infatti la responsabilità di eventuali guai ricadrebbe comunque sulle sue spalle anche se dovesse assumere personale tecnico dipendente in grado di gestire un impianto.



Chi è il "terzo responsabile"

Terzo responsabile dell’impianto-calore:

è un soggetto che deve essere in possesso di determinate capacità tecniche, economiche e organizzative;
è obbligatorio, nel caso che la caldaietta sia unifamiliare e deve essere anche un tecnico abilitato ai sensi della legge 46 del 1990. In questo caso si identifica con il "manutentore" e non ha tra i suoi obblighi l'esercizio della caldaia, cioè l'accensione, lo spegnimento e la regolazione che sono gestiti direttamente da chi occupa la casa;
per gli impianti con potenza superiore a 350 Kw (301 mila Kilocolorie/h), doveva essere un soggetto ad elenchi europei equivalenti o accreditato da un ente di certificazione ai sensi delle norme di qualità En Iso della serie 9000, per la categoria di competenza;
il suo nome deve essere riportato con evidenza sul libretto di impianto o sul libretto centrale prescritto;
è unico, per quel che riguarda l’esercizio, la manutenzione ordinaria e quella straordinaria di un impianto centralizzato. Non è possibile cioè attribuire queste tre differenti funzioni a soggetti diversi.
Questo ultimo principio decreta di fatto l’estinzione della specie dei portinai-fuochisti o dei cosiddetti "bruciatoristi" che facevano solo funzionare la caldaia. Tutta gente quasi sempre incapace di eseguire certe verifiche tecniche abbastanza complesse, che dovrà riqualificarsi o cambiare lavoro.

Il Dpr 551/99 impone come nuovo obbligo del terzo responsabile la comunicazione all'ente locale (comune sopra i 40 mila abitanti o provincia, negli altri casi), la propria nomina, il mutamento di incarico e le dimissioni.

Impone inoltre che non sia un fornitore di combustibile, per evitare conflitti di interesse e truffe. Viene fatta eccezione per i cosiddetti contratti di "servizio energia", in cui il fornitore non vende direttamente gasolio, metano o gpl, ma "calore". Nel senso che garantisce un certo livello di temperatura nell'immobile, dietro un compenso prefissato: guadagnerà di più se l'inverno è mite, di meno se invece è freddo. In tali casi il fornitore di calore deve di fatto, per motivi tecnici, anche essere responsabile dell'esercizio e della manutenzione.

I principali adempimenti del "terzo responsabile"

1 Rispetto, per le caldaie oltre i 35 kw, dei periodi e degli orari sdi accensione
2 Operazioni di manutenzione almeno una volta all’anno, normalmente all’inizio del periodo di riscaldamento, per le caldaie con potenza uguale o superiore a 35 Kw;
3 Ulteriore controllo , normalmente a metà del periodo di riscaldamento, del solo rendimento di combustione, per le caldaie con potenza uguale o superiore a 350 Kw;
4 Controllo bimestrale del consumo di acqua con lettura del contatore;
5 Controllo annuale, prima dell’accensione, del serbatoio di gasolio;
6 Controllo "interno" e quindi più approfondito del serbatoio stesso, ogni cinque anni, smontando la caldaia stessa;
7 La pulizia della caldaia ogni volta che la temperatura dei fumi superi di 50 gradi centigradi quella rivelata a caldaia pulita;
8 Controllo bimestrale del rendimento di combustione percentuale con rilevamento dell’anidride carbonica prodotta per i combustibili gassosi (metano) e mediante l’indice Bacharach per i combustibili liquidi (gasolio).
9 Compilazione del libretto di impianto (caldaie fino a 35 kw) o del libretto caldaia (caldaie di potenza superiore)
10 Verifica dello stato delle coibentazioni
11 Compilazione del modulo di verifica della manutenzione e della combustione che il proprietario può inviare agli enti locali preposti (allegato H, Dpr 551/99)



Libretto di impianto e libretto centrale

Ogni impianto di riscaldamento deve essere dotato di un documento essenziale, il libretto, su cui vanno annotati non solo le caratteristiche dell’impianto stesso, ma anche tutti gli interventi di controllo e manutenzione effettuati. Il facsimile è predisposto dalla legge. Ciò significa che in qualsiasi momento gli enti preposti al controllo dell’impianto stesso potranno pretendere di dare uno sguardo a questo libretto verificando la data di ogni intervento di conservazione e manutenzione e la corrispondenza tra le verifiche tecniche fatte dal responsabile dell’impianto quelle eseguiti dall’ente delegato al controllo.

A seconda della potenza del generatore di calore, i libretti si chiamano:

1) libretto d’impianto, per le caldaie con potenza da 4 a 35 Kw (impianti autonomi);

2) libretto di centrale, per gli impianti di potenza superiore, composta da più pagine e più complesso da compilare.

 
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